1890 – Le prime elezioni politiche

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Yamagata Aritomo
Unknown photographer, Public domain, via Wikimedia Commons

Il processo di modernizzazione del Giappone, durante la seconda metà del XIX secolo, coinvolse molti settori della vita pubblica e, tra questi, anche la politica.

Fino al 1867, nel Paese c’erano due centri di potere: l’imperatore e lo shogun; il Paese, per quella parte non direttamanete controllata dallo shogun o dall’imperatore, era diviso in tanti domini, o “han”, ognuno dei quali guidato da un daimyo, il capo della famiglia. Ogni daimyo aveva i suoi consiglieri, il suo esercito di samura, i suoi organismi e le sue leggi.
Era una società prettamente di tipo feudale.

Con la Restaurazione Meiji e la necessità di portare il Giappone allo stesso livello delle grandi potenze occidentali, molte grandi riforme vennero messe in atto al fine di modernizzare il Paese. Ad esempio venne abolito il sistema delle caste, e quindi i samurai persero i loro privilegi e il loro status, e venne abolito il sistema degli han, sostituito da un sistema di prefetture in cui, spesso, i precedenti daimyo ne divennero i governatori, questa volta non per meriti dinastici, ma a seguito di una nomina imperiale.
La vita politica e burocratica del Paese doveva essere pesantemente rivoluzionata per adeguarsi agli standard occidentali. Negli anni ’70 nacquero i primi partiti politici e, pietra miliare del nuovo Giappone, nel 1889 venne emanata la Costituzione Meiji. L’anno successivo si tennero le prime elezioni politiche.
Il sistema politico venne modellato su quello inglese: venne creata una Dieta con due Camere. La Camera dei Pari, l’odierna Camera Alta, non era elettiva ed era composta da nobili, membri della famiglia imperiale e altri componenti nominati direttamente dall’imperatore. L’altra Camera era quella della Rappresentanti, o Camera Bassa. Solo la Camera Bassa era elettiva e, nel 1890, si svolsero le prime elezioni per assegnare i suoi 300 seggi.

Le elezioni politiche erano un passo importante verso la democratizzazione della società. Come si può intuire, ancora non esisteva il concetto di suffragio universale, ma solo una piccola fetta della popolazione venne chiamata ad esprimere il suo voto.
Nel 1890 vennero chiamati al voto solo i maschi con una età minima di 25 anni e, tra questi, solo chi aveva pagato almeno 15 yen di tasse e che fosse residente nella propria prefettura da almeno 1 anno. Alla fine, poterono votare solo 450.872 giapponesi, a fronte di una popolazione di 39.933.478: solo l’1,13 %, I residenti delle isole Ryukyu e dell’Hokkaido non vennero ammessi.
Furono 1.243 i candidati pronti a contendersi i 300 seggi a disposizione.

Il 1° luglio del 1890 le operazioni di voto si svolsero in grande tranquillità; il 95% degli aventi diritto si recò alle urne.
Vinse il Jiyutō, il Partito Liberale, che si aggiudicò 130 seggi; seguirono il Taiseikai (79 seggi), il Rikken Kaishintō (41), il Kokumin Jiyutō (5); gli indipendenti eletti furono 45.
Come Primo Ministro venne scelto Yamagata Aritomo, eletto tra gli indipendenti.

A dire il vero le elezioni erano più di facciata che di sostanza, I Primi Ministri e i governi venivano ancora scelti al di fuori delle aule parlamentari e, in particolar modo, dalla Genrō (“Anziani Uomini di Stato”), un organismo extra-costituzionale formato da un pugno di persone, di oligarchi, i quali, durante la Rivoluzione Meiji, ebbero un ruolo chiave nello sviluppo del Paese.
Sarebbero passati più di 20 anni prima di vedere i primi governi che, per nascere e sopravvivere, erano costretti a cercare una maggioranza all’interno della Dieta.

Autore: Cristiano Suriani

Per approfondire l’argomento delle prime elezioni politiche in Giappone ==>
Japan’s First General Election, 1890  R. H. P. Mason (PDF)

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