Dalla guerra russa 1904-1905 alla rivolta del Parco di Hibiya

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Battaglia di Port Arthur
(Pubblicato su Encyclopædia Britannica)

La guerra tra Russia e Giappone (1904 – 1905) fu il secondo importante conflitto a vedere impegnato il nuovo esercito imperiale giapponese, nato nel 1873 con l’introduzione della coscrizione di tutti i maschi fra i 17 e i 40 anni. Il battesimo di fuoco del nuovo esercito, avvenne sul finire del XIX secolo, e precisamente tra il 1894 e il 1895, nella prima delle sue guerre contro la Cina. Il risultato fu una vittoria schiacciante. Dieci anni dopo, fu la volta della guerra contro la Russia il cui esercito, all’epoca, era considerato fra i più potenti del mondo occidentale.
Causa scatenante del conflitto era il controllo sulla Manciuria e sulla penisola di Corea. L’influenza dell’impero russo era in espansione, sia verso occidente che verso oriente. A est, però, si scontrò con i progetti dell’impero nipponico che mirava a costruirsi un impero coloniale sul continente asiatico.

Dopo la fine della guerra con la Cina, e a seguito del trattato di Shimonoseki in cui il Giappone impose delle dure condizioni alla Cina, un’intervento diplomatico di Russia, Germania e Francia costrinse il Giappone, sotto la minaccia di un intervento militare, a rinunciare all’occupazione della penisola di Liadong, con l’importante base di Port Arthur. Il porto fortificato, venne restituito alla Cina che poi, con grande sconcerto di Tokyo, lo cedette alla Russia e il Giappone ebbe, come contropartita, l’aumento dell’indennità di guerra che la Cina avrebbe dovuto pagare.

Port Arthur era di grande importanza per la Russia che, finalmente, poteva avere uno sbocco sul mare; non era certo l’unico porto russo, ma era l’unico la cui operatività durava tutto l’anno: gli altri porti, localizzati in Siberia, avevano il problema che, nei mesi invernali, il ghiaccio li rendeva impraticabili. Con grave disappunto di Cina e Giappone, la Russia iniziò immediatamente la costruzione di opere di difesa attorno a Port Arthur e, soprattutto, della ferrovia che collegava la città ad Herbin, nella Manciuria che, insiema alla Corea era considerata, dal Giappone, come appartenente alla propria sfera di influenza.
Germania, Francia e Gran Bretagna, dal canto loro, approfittando della debolezza della Cina, strapparono varie concessioni favorevoli riguardanti il possesso di alcune città portuali in Manciuria.

Questa intromissione degli europei e la sconfitta diplomatica nei confronti della Russia irritarono non poco i giapponesi. Il Giappone, animato da uno spirito di rivalsa, per una vendetta che prima o poi sarebbe arrivata, aumentò la propria produzione bellica e diede un’accelerata all’ammodernamento dell’esercito.

L’espansionismo russo verso oriente era preoccupante, soprattutto per il Giappone; giorno dopo giorno l’impero russo consolidava i suoi possedimenti in Manciuria e cominciava a mostrare interesse anche per la Corea. Tra Russia e Giappone cominciarono una serie di negoziati per cercare di trovare una soluzione che potesse accontentare i due Paesi. Il Giappone era pronto a rinunciare alle mire sulla Manciuria, in cambio dell’inclusione della penisola coreana nella sua sfera di influenza. Nonostante tutti gli sforzi, i negoziati non portarono a nessun risultato: non restava che il ricorso alle armi.
Il 10 febbraio 1904 il Giappone dichiarò guerra all’impero russo.

Manifesto-prooaganda
Manifesto di propaganda

Non è argomento del presente articolo raccontare gli sviluppi della guerra russo-giapponese: possiamo però dire che la vittoria giapponese fu impressionante e contro ogni aspettativa.
L’esercito russo, a quel tempo, era considerato uno dei potenti al mondo. La Russia era un paese immenso, non solo geograficamente, ma anche demograficamente; aveva tutte le risorse per poter condurre una guerra veloce e vincente. Il Giappone, per contro, aveva risorse limitate e, soprattutto, non aveva ancora una importante esperienza di guerra: dalla costituzione del nuovo esercito imperiale giapponese, nel 1873, aveva combattuto, e vinto, solo contro lo scalcinato esercito cinese.
Il Giappone, addirittura, per poter iniziare la guerra, dovette chiedere un prestito di 200 milioni di dollari al finanziere tedesco, ed ebreo, Jacob Schiff.

La guerra, durata fino a settembre del 1905, fu una sequenza impressionante di vittorie giapponesi: dalla prima battaglia, quella di Port Arthur, fino a quella finale di Tsushima dove, a fronte di nessuna perdita navale, i giapponesi distrussero gran parte della flotta russa.

Manifesto-propaganda
Manifesto di propaganda

A causa dei numerosi rovesci subiti, l’esercito russo, seppur molto più numeroso, e meglio equipaggiato di quello giapponese, aveva il morale a terra; il Giappone era esausto per lo sforzo, e finanziariamente era quasi alla bancarotta. Una pace negoziale faceva comodo ad entrambi. In Russia, oltretutto, erano sempre più allarmanti i moti rivoluzionari e lo Zar Nicola II preferì negoziare la pace per poi dedicarsi completamenta ai problemi interni. .
Con l’intermediazione americana del Presidente Theodore Roosevelt, a Portsmouth, nel New Hampshire, cominciarono le trattative tra le due delegazioni.

Fu il Giappone, già nel luglio del 1904, a volere per prima una soluzione negoziale del conflitto, ma i russi si mostrano sempre ondivaghi, credendo forse che alla fine sarebbero riusciti a vincere la guerra. Fu solo dopo la catastrofica sconfitta di Tsushima (27-28 maggio 1905) che lo Zar, con l’alta nobiltà, si decise ad avviare colloqui di pace. Agli inizi di giugno, il Presidente americano ricevette dai rappresentanti dei due Paesi, la volontà di iniziare una Conferenza di Pace.
Il tavolo dei negoziati iniziò in agosto, il 9, e ci vollero dodici incontri per trovare l’accordo finale,
La posizione iniziale russa era piuttosto decisa: nessuna concessione territoriale, nessuna limitazione al dispiegamento dei soldati russi in estremo oriente e nessun indennizzo. Il Giappone mirava al riconoscimento della Corea nella propria sfera d’influenza, pretendeva un cospicuo risarcimento di guerra e, infine, chiedeva il ritiro dei russi dalla Manciuria.

Il momento più difficile del negoziato, fu alla fine quando arrivò il momento di discutere eventuali concessioni territoriali e in moneta. La Russia propose che il Giappone si tenesse pure la metà meridionale della penisola di Sakhalin, ma che, in cambio, rinunciasse ad ogni indennizzo di guerra. Il Giappone rifiutò, ma non aveva il coltello dalla parte del manico, pur avendo vinto la guerra: l’esercito russo, che si era nel frattempo rafforzato, minacciava di riprendere le ostilità nel caso il Giappone non avesse accettato la proposta russa. Quindi. con l’intermediazione americana, il ministro degli esteri nipponico Komura Jutarō, dovette accettare le condizioni russe.
Il 30 agosto venne quindi raggiunto il completo accordo, e il 5 settembre 1905 venne firmato l’accordo di Pace.

Portsmout-1905Nell’accordo raggiunto, al Giappone venne riconosciuto l’interesse sulla Corea, la Russia dovette evacuare i suoi soldati dalla Manciura; inoltre Port Arthur sarebbe stata restituita alla Cina e la concessioni minerarie e ferroviarie (South Manciuria Railway) vennero girate al Giappone. Alla Russia vennero riconosciuti solo i diritti sulla Chinese Eastern Railway. Il Giappone sarebbe rimasto in possesso della parte meridionale dell’isola di Sakhalin, ma nessun indennizzo sarebbe stato pagato dalla Russia.
Il successo della mediazione americana, valse al Presidente Theodore Roosevelt, nel 1906, il Premio Nobel per la Pace.

Quando i termini del trattato di pace vennero pubblicati sui giornali giapponesi, ci fu una grande protesta popolare. Data la schiacciante vittoria, ci si aspettava molto di più in termini di acquisizioni territoriali e indennizzi di guerra. Un grande raduno venne programmato per il 5 settembre al parco di Hibiya per discutere il rigetto del trattato e l’impeachment per i ministri del governo, ma la polizia non autorizzò il raduno e impedì ai dimostranti di entrare nel parco. I dimostranti, circa 30 mila, sfondarono le barricate erette attorno alle entrate al parco e la polizia, largamente inferiore di numero, non riuscì a controllarli. Rinforzi vennero chiamati per proteggere il Palazzo Imperiale, i ministeri e le ambasciate.

Il rumore degli scontri, nel parco, poteva essere sentito fino al Palazzo Imperiale, e l’Imperatore Meiji, ascoltando il suono dei tumulti, entrò in uno stato di grande agitazione. Poco dopo l’inizio degli incidenti, si cominciarono a sentire anche i primi colpi di arma da fuoco: i militari stavano sparando colpi in aria, con l’intenzione di disperdere la folla. Il Primo Ministro Katsura, arrivò poco dopo per fare rapporto sulla situazione; quella notte l’Imperatore, ripetutamente, inviò il suo ciambellano per avere nuovi aggiornamenti sugli scontri.

Le proteste continuarono per altri due giorni. Il secondo giorno, i dimostranti incendiarono più di dieci auto e distrussero numerosi posti di polizia. La legge marziale venne proclamata per Tokyo e dintorni: sarà eliminata solo il 29 novembre. Pesanti piogge, il terzo giorno, scoraggiarono i dimostranti.
Prima che l’ordine vennisse finalmente ristabilito, la folla inferocita aveva distrutto, o danneggiato, più di 350 edifici e il 70% dei posti di polizia, all’interno della città di Tokyo. Ci furono 17 morti e più di 450 poliziotti feriti; i vigili del fuoco ebbero 48 feriti; molti i feriti tra i dimostranti. Centinaia furono gli arrestati.
Notizie delle violenze a Tokyo, scatenarono scontri anche a Kobe e a Yokohama; centinaia di raduni non vlolenti si diffusero in tutto il Paese e durarono per vari mesi.
Gli incidenti contribuirono direttamente al crollo, il 7 gennaio 1906, del governo guidato da Katsura Taro.

L’opinione pubblica aveva una visione distorta della guerra. I media riportavano solo trionfanti bollettini che parlavano di vittorie su vittorie; data la schiacciante vittoria, ci si aspettava grandi vantaggi dalla Conferenza di Pace. Quello che il popolo non sapeva era che il Giappone era esausto e non era nelle condizioni di continuare la guerra: forzare la mano, avrebbe significato la ripresa delle ostilità con esito, questa volta, tutt’altro che scontato.
Durante la guerra, il Giappone aveva perso qualcosa come 80 mila uomini (furono 17 mila nella guerra contro la Cina); la seconda battaglia di Port Arthur fu vinta, ma ad altissimo prezzo di vite umane. Il costo della guerra fu di 1,7 miliardi di yen, otto volte il costo della guerra contro la Cina; per sostenere queste spese, il Paese si indebitò pesantemente sui mercati esteri. Chiaramente il Giappone aveva tutto l’interesse a terminare la guerra.

La Rivolta di Hibiya segnò l’inizio di un periodo della storia giapponese che gli storici chiamano “Era della Violenza Popolare”. Per i successivi 13 anni, il Giappone venne segnato da una serie di violente proteste (nove nella solo Tokyo) che culminarono nella Rivolta del Riso del 1918.

Autore : Cristiano Suriani

Fonti :
Social Protest in Imperial Japan: The Hibiya Riot of 1905
Emperor of Japan: Meiji and His World, 1852-1912 di Donald Keene
La Guerra Russo-Giapponese di Alberto Caminiti
The Origins of the Russo-Japanese War di Ian Nish

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