Kamishibai, il teatro di carta

Condividi

KamishibaiNel XII secolo, nei templi buddisti i monaci erano soliti raccontare, ai fedeli spesso illetterati, delle storie contenenti insegnamenti morali. Le storie, disegnate sui rotoli emaki e contenenti spesso animali antropomorfi, parlavano di amori, battaglie, storie di cultura popolare ed eventi sovranaturali. Si pensa sia questa l’origine del Kamishibai, una forma di teatro di carta itinerante.

Il Kamishibai è un teatro itinerante dove un cantastorie, detto “Gaito kamishibaiya”, mediante l’ultilizzo di pannelli di legno, raccontava una storia davanti ad una platea, spesso di bambini. Il Gaito kamishibaiya girava di villaggio in villaggio e, dopo aver radunato una folla di bambini, cominciava a raccontare la storia, commentando i pannelli di legni che, in successione, illustravano le fasi salienti del racconto. Il Gaito kamishibaiya si ripagava vendendo dolciumi ai bambini; chi li comprava aveva il diritto di sedersi in prima fila.

Il Kamishibai, dopo essere scomparso, durante il periodo Meiji, ebbe un ritorno di fiamma negli anni ’20 e ’30’ del XX secolo. Si stima che nel periodo, ci fossero più di 3.000 Kamishibai a Tokyo e oltre 50.000 in tutto il Giappone. Ad influenzare questo fenomeno, tre fattori: la diffusione della bicicletta, che divenne il mezzo usato dai narratori per spostarsi di villaggio in villaggio, la crisi economica che, in quel periodo, colpì il Paese e, soprattutto, la comparsa del cinema sonoro.

Nel cinema muto, c’era la figura del Benshi che aveva la funzione di commentare le scene durante il film. Una volta che il sonoro fece il suo ingresso trionfale nel mondo del cinema, migliaia di Benshi, figura ormai inutile, si ritrovarono senza lavoro. Per sbarcare il lunario, in quel periodo di crisi, molti Benshi divennero cantastorie, Gaito kamishibaiya.
Kamishibai
Questi artisti non agivano individualmente, ma il narratore era solo il punto terminale di un ingranaggio che partiva dal Kashimoto, il capo della società, diciamo. C’erano poi gli scrittori che scrivevano le storie, i disegnatori che preparavano le tavole. Il Kashimoto forniva al narratore la bicicletta, le tavole e le caramelle da vendere ai bambini; naturalmente in cambio riceveva parte dell’incasso. Più la storia era avvincente e il narratore abile, più era alto l’incasso.

Il declino cominciò negli anni ’40: con la guerra, molti Gaito kamishibaiya dovettero partire per la guerra e, purtroppo, molti non sarebbero più tornati. Il colpo mortale al Kamishibai, arrivò negli anni ’50 con la comparsa della televisione.
Oggi questa forma di teatro di carta non è morta e, anzi, si è diffusa in tutto il mondo; magari non ci sono più i cantastorie che girano i villaggi con i loro pannelli illustrati, ma spesso il Kamishibai viene rappresentato in occasione di festival culturali o anche in ambito scolastico per i bambini dell’asilo.

Autore: Cristiano Suriani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.