La battaglia delle isole Aleutine

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Isole Aleutine Con l’attacco a Pearl Harbour, il 7 dicembre del 1941, il Giappone aveva assestato un duro colpo alla marina militare degli Stati Uniti. Con la flotta malconcia, l’America, non riuscì a contrastare efficacemente l’espansione dell’impero nipponico che in breve tempo arrivò alle porte dell’Australia ed a minacciare i lembi più occidentali degli Stati Uniti.
Pearl Harbour fu un duro colpo per gli Americani, ma non il k.o. definitivo come speravano i Giapponesi: basti pensare che, sebbene vennero provocati molti danni alla marina americana, non venne affondata neanche una portaerei per il semplice fatto che in quel momento non si trovavano nel porto. Cionostante gli Americani ci misero molti mesi per riprendersi dalla disfatta.

I Giapponesi avrebbero presto capito, a loro spese, l’enorme importanza delle portaerei e fu proprio da una di queste, la USS Hornet, che partirono i 16 bombardieri che il 18 aprile del 1942 bombardarono Tokyo. Era quindi necessario assestare il colpo definitivo alla flotta degli Stati Uniti e cominciarono gli studi per raggiungere tale scopo. Venne individuata, come obiettivo, la base di Pearl Harbour che però era pesantemente difesa e quindi la scelta cadde sull’atollo delle Midway, non molto distante da Pearl Harbour, che, secondo l’intelligence nipponica, sarebbe stata difesa strenuamente.

Il piano dell’ammiraglio Isoroku Yamamoto prevedeva un attacco diversivo contro le isole delle Aleutine nella speranza che parte della flotta americana lasciasse Midway per dirigersi verso nord a difendere l’arcipelago che era anche, lo ricordiamo, territorio degli Stati Uniti d’America; ma per sfortuna, dei Giapponesi, gli Americani erano riusciti a decifrare i messaggi nipponici e quindi erano a conoscenza dei loro piani. Per il momento, quindi, si disinteressarono delle Auleutine e si concentrarono sull’imminente battaglia delle Midway che, in un modo o nell’altro, avrebbe dato una svolta decisiva alla guerra.

battaglia isole AleutineIl 6 e il 7 giugno del 1942 i Giapponesi occuparono, senza quasi incontrare resistenza, le isole, appartenenti all’arcipelago delle Aleutine, di Kiska e di Attu. Vi sarebbero rimasti fino al maggio dell’anno successivo.
Gli Stati Uniti temevano che il Giappone vi avrebbe potuto costruire una base da cui bombardare l’Alaska, ma i nipponici non avevano la possibilità di costruire alcunchè e quindi l’11 maggio del 1943 cominciarono le operazioni per riprendere il controllo dei due isolotti. La forza di spedizione era composta da circa 150.000 uomini mentre la guarnigione giapponese, guidata dal colonnello Yasuyo Yamasaki, era di appena 8.500 soldati.
Yamasaki, conscio della grande sproporzione, non tentò di contrastare lo sbarco degli Americani, ma si dedicò a costruire delle formidabili linee difensive nell’interno dell’isola di Attu. La battaglia fu cruenta e sanguinosa fatta di attacchi, contrattacchi, imboscate, trappole e scontri corpo a corpo. Alla fine gli Americani ebbero la meglio, ma la vittoria la pagarono ad alto prezzo: quasi 4.000 furono le perdite americane tra morti e feriti. L’intera guarnigione giapponese venne distrutta tranne 28 soldati che vennero fatti prigionieri.
Il 7 agosto le forze americane e canadesi invasero anche l’isola di Kiska, ma la trovarono abbandonata dai Giapponesi che, grazie alla nebbia, erano riusciti ad evacuarla senza essere visti.

Durante lo scontro gli Americani, per la prima volta, riuscirono a mettere mani su un esemplare integro del famoso caccia giapponese A6M Zero. L’esemplare venne studiato e permise di costruire nuovi modelli di aerei che sarebbero poi risultati superiori, nelle prestazioni, agli Zero.
La battaglia per le Aleutine fu l’ultimo scontro armato che si svolse sul suolo degli Stati Uniti d’America. E fu anche la prima operazione militare in cui vennero impiegate truppe canadesi.

Autore : Cristiano Suriani

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