La battaglia di Ueno (4 luglio 1868)

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Battaglia di Ueno
(Utagawa Yoshitora, Public domain, attraverso Wikimedia Commons)

Dopo la battaglia di Toba e Fushimi, conclusasi con la vittoria delle forze imperiali, presso il tempio di Hongan-ji, ad Asakusa, in un incontro segreto, si riunirono oltre 500 samurai fedeli all’ex Shogun Tokugawa Yoshinobu: giurarono fedeltà al loro padrone e si diedero il nome di “Shogitai” (Lega per la diffusione della Giustizia).
Lo Shogitai era un corpo d’elite che aveva il compito di mantenere l’ordine nella capitale Edo, la città simbolo della resistenza shogunale. Quartier generale dello Shogitai era il tempio Kan’ei-ji, a Ueno, roccaforte della famiglia Tokugawa.
Dopo la resa del castello di Edo, e la spedizione in esilio dell’ex-Shogun, il Principe Taruhito, comanandante delle truppe imperiali, ordinò lo scioglimento dello Shogitai il quale si rifiutò di ubbidire e, anzi, cominciò a provocare incidenti ad Edo, con incendi e saccheggi.

Oltre a Taruhito, anche ufficiali fedeli all’ex-Shogun, come Katsu Kaishū e Yamaoka Tesshū, ritenendo, quello dello Shogitai, un comportamento controproducente, intimarono lo scioglimento del corpo d’elite. Lo Shogitai continuò ad ignorare l’ordine e accusò Yamaoka di essere un burattino nelle mani del Satsuma, uno dei domini principali tra quelli che fiancheggiavano la causa imperiale.

Abate del tempio Kan’ei-ji era un principe della famiglia imperiale: Kitashirakawa Yoshihisa.
Nato nel 1847, era il nono figlio del 20° principe di Fushimi, capo di un ramo cadetto della famiglia imperiale e lontano cugino dell’Imperatore Kōkaku (1771 – 1840).
Il Principe Kitashirakawa intraprese, fin da piccolo, la carriera monastica buddista. Fedele alla famiglia Tokugawa, pur appartenendo alla famiglia imperiale, divenne quindi abate del tempio Kan’ei-ji a Ueno.

La posizione di appartenente alla famiglia imperiale, fece di lui la persona più idonea ad intercedere, presso la corte imperiale, a favore di Tokugawa Yoshinobu. Nei mesi di marzo ed aprile ebbe vari incontri con il Principe Taruhito per cercare di avere un incontro con l’Imperatore Meiji; non lo ottenne e tornò ad Edo sconfortato per il cattivo trattamento riservatogli da Taruhito e dagli uomini del Satsuma. Ad Edo si avvicinò al Shogitai.

Il Principe Taruhito avrebbe, senza scrupoli, attaccato il Kar’ei-ji, al fine di annientare lo Shogitai, ma la presenza di un principe imperiale complicava le cose: non si poteva correre il rischio che un membro della famiglia imperiale, anche se simpatizzante della famiglia Tokugawa, venisse ferito o, addirittura, ucciso. Pertanto si cercò il modo di allontanare da Ueno il Principe Kitashirakawa, per poi attaccare il tempio.
Gli imperiali chiesero aiuto al padre di Kitashirakawa il quale scrisse al figlio una lettera ordinandogli di andare a Kyoto per rendere omaggio all’Imperatore.

Saigo a Ueno
Stuatua di Saigō Takamori a Ueno

Non si poteva disubbidire all’ordine di un padre, ma Kitashirakawa si mostrò indeciso sul da farsi. Tutti quegli che gli stavano attorno, sentendo l’odore di una trappola o per altri motivi, cercarono di persuaderlo a non lasciare il tempio. I membri dello Shogitai minacciarono il seppuku di massa, pur di non farlo partire; i monaci temevano che, una volta a Kyoto, avrebbe abbandonato l’ordine religioso; infine, gli abitanti di Edo avevano paura di altre distruzioni in caso di un attacco al tempio.

Inoltre Saigō Takamori, data l’esiguità degli uomini a disposizione degli imperiali, era propenso ad aspettare l’arrivo dei rinforzi; Ōmura Masujirō, comandante delle truppe del Chōshū, ricordando la scelta di trasformare Edo nella capitale del nuovo Giappone, era, invece, propenso ad eliminare subito ogni resistenza nemica; ma le continue violenze perpetrate delle truppe dello Shogitai, convinsero Saigo a passare subito all’azione.

Il 4 luglio 1868, il Principe Taruhito ruppe gli indugi e, nonostante la presenza del Principe Kitashirakawa, ordinò l’assalto al tempio Kar’ei-ji.
Al momento dello scoppio delle ostilità, le parti si equivalevano nel numero degli effettivi: circa 2000 soldati. La differenza stava negli armamenti nettamente più efficaci quelli in mano agli imperiali. Le truppe di Taruhito erano composte, principalmente, dai “soliti” uomini del Satsuma, guidati da Saigō Takamori, del Chōshū e del Tosa.
Lo scontro iniziò, alle prime luci dell’alba, con un attacco frontale da parte delle truppe del Satsuma; la resistenza fu violenta ed elevate furono le perdite da parte degli attaccanti. Con un certo ritardo sul piano previsto, a causa di una scarsa coordinazione, le truppe del Chōshū attaccarono dal retro del tempio; questo fatto ruppe l’equilibrio a favore delle truppe imperiali. A completare l’opera arrivarono le truppe del Tosa che, grazie ai moderni fucili e cannoni di cui erano dotate, aprirono larghi vuoti tra le file dello Shogitai.
Nel giro di una giornata, il tempio Kar’ei-ji venne conquistato e le truppe dello Shogitai debellate.

Tomba Shogitai
Monumento funebre per lo Shogitai a Ueno

Per quanto riguarda il Principe Kitashirawa, abate del tempio, nonostante lo scontro armato che infuriava attorno all’edificio, volle portare a termine la funzione religiosa che consisteva nella lettura dei Sutra; al termine, finalmente, dopo aver indossato abiti meno appariscenti, lasciò il tempio ormai diventato un campo di battaglia.
Kitashirakawa e un gruppetto di monaci del tempio iniziarono un viaggio avventuroso cercando di nascondersi dagli imperiali che avevano il compito di catturarlo. Difficile era anche sapere di chi potersi finare.

Comunque, alla fine, arrivò a Shiragawa, vicino ad Edo, dove, in incognito, riuscì a salire sulla Chōgei Maru, una nave della flotta, rimasta fedele allo Shogun, comandata da Enomoto Takeaki.
Dopo un colloquio tra i due, il Principe chiese di essere portato a nord, nella zona ancora controllata dai daimyo fedeli alla famiglia Tokugawa.

Nel parco di Ueno, dove oggi c’è lo zoo, è possibile trovare ricordi di quella battaglia che segnò la definitiva pacificazione della città di Edo la quale, a breve, avrebbe cambiato il nome in Tokyo.

Autore: Cristiano Suriani

Fonti:
Donald Keene – Emperor of Japan: Meiji and His World, 1852-1912
Mark Ravina – The Last Samurai: The Life and Battles of Saigo Takamori

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