La storia dei 47 Ronin

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47 Ronin

I fatti si svolsero nei primi anni del XVIII secolo, in piena era Tokugawa (1603 – 1868).
Come ogni anno l’imperatore – in quel periodo sul trono sedeva Higashiyama – mandò dei rappresentanti ad omaggiare lo shogun ad Edo, l’odierna Tokyo.
Tokugawa Tsunayoshi – lo shogun di quel periodo – incaricò alcuni daimyo di preparare il ricevimento sotto la supervisione di un alto funzionario, Kira Yoshinaka, che aveva il compito di istruirli sull’etichetta di corte. Com’era d’uso i daimyo (signori feudali) dovettero fare dei regali a Kira per ringraziarlo delle sue fatiche. Il regalo di Asano Naganori, uno dei daimyo incaricati, non venne ritenuto sufficiente dal funzionario shogunale che, per vendicarsi dello sgarbo, cominciò ad insultarlo e a renderlo ridicolo in pubblico.

Asano, dopo l’ennesimo insulto, perse la pazienza e, estratto un pugnale, colpì Kira ferendolo sulla fronte. L’attacco venne portato all’interno del palazzo dello shogun e questo rappresentava, quindi, una colpa molto grave a cui i due contendenti dovevano rispondere.
Kira venne perdonato, ma su Asano si concentrò l’ira dello shogun: il suo feudo venne confiscato, il fratello posto agli arresti domiciliari e ad Asano, unica soddisfazione, venne concesso di andarsene onorevolmente mediante il seppuku, il suicidio rituale.

I samurai dell’esercito di Asano, circa 300, perdendo il loro signore, passarono allo stato di ronin. Discussero sul da farsi e alla fine si dispersero abbandonando il castello di Ako, nell’odierna prefettura di Hyogo. Oishi Kuranosuke, conosciuto anche con il nome di Oishi Yoshio, e un gruppetto di ronin, invece, giurarono che si sarebbero vendicati di Kira Yoshinaga.
Intanto Kira, temendo infatti una qualche vendetta, si circondò di guardie del corpo e, per Oishi e i suoi compagni, avvicinarlo divenne pressochè impossibile. Il gruppo di ronin decise quindi di sciogliersi e di rimandare la vendetta ad un momento più opportuno.

Ognuno andò per la sua strada: c’era chi diventò mercante, chi monaco, chi artigiano, chi aprì una
scuola di arti marziali. Diedero tutti l’impressione che ormai la vendetta fosse l’ultimo dei loro pensieri. Oishi divorziò dalla moglie – per proteggerla in caso di rappresaglia dopo l’azione -, cominciò a frequentare bordelli e taverne, e presto si guadagnò la fama di gran bevitore.

La leggenda racconta che Oishi, di ritorno da una di queste bevute, ubriaco fradicio, cadde sulla strada senza riuscire più ad alzarsi. Di lì passò un samurai del Satsuma che, vedendolo in quello stato, lo insultò e lo colpì per il discredito che stava arrecando alla gloriosa casta dei samurai.
Naturalmente tutti questi comportamenti facevano parte di un piano che aveva, come ultimo fine, la vendetta finale. Lo scopo era quello di distogliere da loro l’attenzione di Kira e delle sue spie.
Kira, in effetti, rassicurato dal comportamento dei ronin di Asano, allentò l’attenzione e congedò l’esercito di guardie del corpo che lo circondava, pensando che ormai da quel gruppetto di ronin non ci fosse più niente da temere.

Nel dicembre del 1702 il gruppo di 47 ronin cominciò i preparativi per la vendetta: si riunirono, rifecero il giuramento, ammassarono armi e armature.
Il giorno dell’attacco alla residenza di Kira Yoshinaga, il 14 dicembre 1702, si divisero in due gruppi: uno, sotto il comando di Oishi, avrebbe attaccato il portone principale, l’altro, guidato dal figlio Chiara, sarebbe entrato dall’entrata posteriore. Il suono del tamburi avrebbe dato il via all’attacco.

I ronin invasero quindi l’abitazione del funzionario dello shogun ed ebbero facilmente la meglio sui difensori. Dopo varie ricerche trovarono Kira nascosto in un armadio.
Oishi gli offrì allora la possibilità di fare il seppuku, ma, di fronte ai suoi tentennamenti, lo uccise con lo stesso pugnale usato da Asano per togliersi la vita. Al cadavere di Kira venne poi staccata la testa con l’intenzione di portarla sulla tomba del loro signore Asano che adesso poteva dirsi vendicato.
Il corteo che arrivò al tempio di Sengakuji – dove si trovava la tomba del loro signore – comprendeva 46 ronin. Sulla sorte del 47imo le fonti non sono unanime: alcune dicono che morì nello scontro mentre altre raccontano che venne mandato via dal gruppo con l’incarico di far conoscere allo shogun, che poi lo graziò, le vicende di Oishi e del suo gruppo. Una volta reso omaggio alla tomba di Asano Nagamori, e avervi deposto la testa di Kira, il gruppo si consegnò alla giustizia dello shogun.

I ronin vennero divisi e messi sotto il controllo di vari daimyo, in attesa del verdetto che si rivelava difficile; i ronin avevano sì violato l’ordine shogunale di non procedere a qualsivoglia vendetta, ma avevano mostrato delle qualità di veri guerrieri samurai e poi la popolazione era nella stragrande maggioranza a favore di Oishi, e dei suoi 46 ronin, e pensava che Kira dovesse essere punito già al tempo dello scontro con Asano. Alla fine Tokugawa Tsunayoshi optò per una via di mezzo; concesse al gruppo l’onore di morire tramite seppuku.
Una curiosità: un gruppetto di una decina di ronin si uccise in un giardino che adesso fa parte dell’Ambasciata Italiana a Tokyo.

Tombe dei 47 ronin – tempio Sengakuji (Tokyo)
(Adriano di Wikipedia in italiano, CC BY-SA 3.0 , attraverso Wikimedia Commons)

I 47 ronin sono sepolti, insieme al loro signore Asano Nagamori, nel tempio di Segakuji.
C’è un’altra tomba, dove, secondo la tradizione, giace quel samurai del Satsuma che insultò e colpì Oishi in preda ai fumi dell’alcol.
Le tombe sono tutt’oggi meta molto frequentate dai Giapponesi che ricordano ancora con ammirazione e affetto l’impresa dei 47 ronin. Presso il tempio di Segakuji esiste anche un museo che raccoglie indumenti, armi, armature del gruppo guidato da Oishi Kuranosuke.

Autore : Cristiano Suriani

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