Quando il Giappone stregò l’Europa

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GiapponismoI primi prodotti dell’arte e dell’artigianato giapponesi ad avere una grande richiesta in Europa, furono le ceramiche. La porcellana cinese era diventata popolare fra i membri delle Case Reali e fra l’aristocrazie europea, ma il collasso della dinastia Ming (1368 – 1644) interruppe l’esportazione cinese di ceramiche. Il clan giapponese dei Nabeshima, che controllava quello che ora è la prefettura di Saga, si mosse per cogliere questa opportunità. Il clan potenzio la sua già ben avviata industria della ceramica e cominciò una massiccia esportazione di porcellana verso l’Europa, con i marchi Nabeshima, Imari e Kakiemon. Vennero esportati circa 1,9 milioni di pezzi tra il 1652 e il 1683.

La porcellana giapponese comiciò a declinare quando i produttori tedeschi e francesi, dopo aver assorbito le tecniche di lavorazione cinesi e giapponesi, iniziarono a produrre porcellane di alta qualità utilizzando locali miniere di caolino.

Gli oggetti laccati erano un’altra categoria di prodotti, dell’arte e dell’artigianato giapponese, che si guadagnò il favore dell’Europa a metà del 17° secolo. I missionari europei cristiani, in Giappone, cominciarono a gradire gli oggetti laccati, specialmente quelli impreziositi con decorazioni in oro (maki-e); li usarono come montature per dipinti religiosi e leggii per bibbie.
Altri capirono il potenziale sfruttamento, a livello mondiale, delle lacche giapponesi; la Compagnia Olandese delle Indie Orientali presto cominciò a gestire un notevole export, di questo prodotto, in Europa. L’importazione era così massiccia che il termine “Giappone” era diventato un termine comune per indicare l’oggetto laccato, indipendentemente dalla sua origine.

La carte di imballaggio Ukiyo-e

Risale alla seconda metà del 18° secolo la raffinata tecnica giapponese, chiamata ukiyo-e, che consisteva in stampe, multicolori, mediante l’utilizzo di stampi in legno finemente incisi.
Isaac Titsingh (1745 – 1812), che guidava una ditta commerciale olandese a Nagasaki, inviò le prime esportazioni di stampe Ukiyo-e in Europa; successivamente, il botanico e fisico tedesco Philipp Franz von Siebold (1796 – 1866), che lavorava presso la comunità olandese di Nagasaki, portò in patria, al suo ritorno, alcune stampe ukiyo-e di Katsushika Hokusai (1760 1849).
La descrizione di un salone decorato con opere giapponesi, apparve in uno dei primi numeri del Journal des Goncourt (1851-96). Questo giornale, gestito dei fratelli francesi Edmond e Jules de Goncourt, e poi successivamente, alla morte di Jules, solo da Edmond, è una interessante cronaca di quel periodo. La descrizione sopra citata conferma che in Francia aveva preso piede l’estetica giapponese nel periodo del Secondo Impero (1852-70).
L’innamoramento della Francia con l’arte giapponese, si approfondì in occasione della presenza giapponese all’Esposizione Universale di Parigi del 1867, e non era ancora scemata durante la successiva esposizione internazionale del 1878.

Molte opere ukiyo-e raggiunsero la Francia, curiosamente, come imballaggi. Nella metà del 19° secolo, il Giappone era sommerso di opere ukiyo-e; le stampe meno considerate, divennero materiale per l’imballaggio di ceramiche e di altri oggetti destinati all’Europa. In questo modo l’artista francese Félix Bracquemond (1833–1914) scoprì, nel 1856, stampe di Hokusai sulla carta da imballaggio di una scatola di ceramiche giapponesi. Le opere erano su pagine tratte da una raccolta “Hokusai manga” (Schizzi di Hokusai).
Bracquemond era meravigliato della sofisticata bellezza di questi disegni e richiamò l’attenzione su queste opere. Sei anni più tardi, l’orientalista, Madami Desoye e suo marito, aprirono il priimo negozio a Parigi, dedicato all’importazione di opere giapponesi. Quel negozio attirò una clientela di artisti e personalità che diffusero, in Francia ed in Europa, l’interesse per l’estetica nipponica.

GiapponismoL’ukiyo-e assunse statura mondiale come forma d’arte, dopo aver ricevuto il riconoscimento da parte di famosi pittori europei: Claude Monet appese diversi ukiyo-e nella sua casa parigina. Edmund Goncourt, nel frattempo, pubblicò una collezione di ukiyo-e di Kitagawa Utamaro, nel 1891, e un’altra, di Hokusai, nel 1896, entrambe su sollecitazione del commerciante d’arte Hayashi Tadamasa.
Altre espressioni dell’arte giapponese catturarono l’attenzione dei grandi pittori impressionisti e post-impressionisti, in Europa. Un pannello giapponese dipinto è dipinto sullo sfondo de “Il ritratto di Emilie Zola” di Edouard Manet e Claude Monet espose un ritratto di sua moglie in abiti giapponesi alla Seconda Esposizione Impressionista nel 1876. Fra gli altri grandi pittori che subirono la potente influenza dell’arte giapponese, ci furono: Vincent van Gogh, Edgar Degas, Paul Gaugin e Henri Toulouse-Lautrec.

La nascita del “Giapponismo”

Il critico d’arte francese, Philippe Burty, coniò il termine “Giapponismo” per descrivere l’influenza dell’estetica giapponese in Occidente. Questo termine è soggetto a diverse interpretazioni, ma qui useremo la definizione offertaci dello storico d’arte Mabuchi Akiko in “Japonizumu – genso no nihon” (Giapponismo – Il Giappone misterioso) del 1997. La definizione di Mabuchi, è la seguente: “Giapponismo” si riferisce all’influenza giapponese sull’arte europea ed americana nella seconda metà del XIX secolo. Questa influenza si estendeva ad ogni genere di arte. Troviamo esempi nella pittura, scultura, stampa, architettura, moda e fotografia; così come nei drammi, musica, letteratura e anche nella cucina.
L’azienda giapponese per lo studio del Giapponismo, guidata da Mabuchi, con sede a Tokyo, pubblicò un libro “Japonizumu nyūmon” (“Introduzione al Giapponismo”) in cui definì l’ascesa e la caduta del Giapponismo nei seguenti termini: “Possiamo considerare il Giapponismo, nel contesto dell’esotismo, come una sfaccettatura dell’orientalismo del XIX secolo. E’ stato un potente stimolo che rimodellò i valori e la tecnica in numerosi generi dell’arte occidentale, attraverso mezzo secolo; poi si spense una volta che ebbe perso la sua freschezza”.

La Francia fu il paese occidentale dove, nel XIX secolo, l’arigianato giapponese ebbe la maggiore influenza; la Francia fu molto disponibile ad assorbire gli input dell’estetica nipponica. Il collezionista d’arte Henri Cermuschi viaggiò dalla Francia al Giappone con il critico d’arte Theodore Duret nel 1871; un altro collezionista francese, Emile Etienne Guimet, fece un viaggio nel 1876; e il commerciante d’arte Samuel Bing viaggiò in Giappone, dalla Francia, nel 1880. Tutte e tre le visite si risolsero con l’acquisto di larghi quantitativi di manufatti giapponesi che, una volta in Francia, alimentarono il boom del giapponismo.
I giapponesi erano interessati ad alimentare il giapponismo in Europa. Il Giappone era, per esempio, una presenza di altro profilo alle esposizioni internazionali di Parigi nel 1867 e nel 1878. Lo shogunato e i domini del Saga (l’odierna prefettura del Saga, allora controllato dai Nabeshima) e del Satsuma (le odierne prefetture di Kagoshima e Miyazaki) animarono l’esposizione del 1867 con una grande esibizione di ukiyo-e, pergamene, kimono, maki-e, lacche, ceramiche ed altri oggetti. Dopo la chiusura dell’esposizione, i giapponesi vendettero tutti gli oggetti, usati per l’esposizione, ad affamati compratori europei.
Nell’esposizione del 1878, gli stand preparati dal Giappone del nuovo governo Meiji, includevano una fattoria eretta al Trocadero di Parigi. I visitatori affollarono la fattoria e si deliziarono nella spiegazione dello stile di vita giapponese. Questo fu l’apice del giapponismo in Francia.

Il “Giappone Artistico”

Prodotti laccatiSamuel Bing ebbe una grande responsabilità nel propagandare il giapponismo attraverso il suo lavoro di commerciante d’arte, di critico e di giornalista. Specialmente influente fu la rivista mensile che Bing pubblicò, in francese, inglese e tedesco, con il nome di “Le Japon Artistique”. La rivista, che veniva stampata utilizzando una carta di prima qualità, era piena di immagini a colori e conteneva articoli sui differenti generi di arte giapponese come, ad esempio, ukiyo-e, ceramiche, oggetti in metallo, architettura e kabuki. Venne pubblicato per 36 numeri dal 1888 al 1891. Bing offrì il seguente peana, alla sensibilità artistica giapponese, nel quinto numero de “Le Japon Artistique”, pubblicato nel 1888: “L’artista giapponese sa bene che la natura include i più importanti elementi di tutti i fenomeni. Di conseguenza egli crede che ogni cosa – anche la più piccola scheggia di vetro – abbia il suo un distinto posto nella mappa concettuale che è alla base del processo creativo”
Il commento entusiasta di Bing per le ceramiche giapponesi, fa coppia con quello del critico d’arte britannico John Robinson. Robinson scrisse un penetrante commento sulle ceramiche giapponesi e cinesi; in modo particolare espresse apprezzamento per i lavori giapponesi in relazione alla purezza dei motivi pittorici utilizzati, alla linearità e all’eleganza della geometria e alla qualità del prodotto artigianale
Gli apprezzamenti di Bing e Robinson fecero da apripista all’ammirazione che i manufatti giapponesi si sarebbero guadagnati nella seconda metà del XX secolo. Possiamo quindi considerare il giapponismo come un’espressione di quelle stesse caratteristiche culturali che sono alla base della produzione di alta qualità del monozukuri.

L’obiettivo principale di Bing, nella pubblicazione di “Le Japon Artistique”, era allargare il mercato per l’arte giapponese. La rivista, comunque, produsse un ulteriore risultato: la presa di coscienza degli artisti europei della vastità e del fascino della sensibilità artistica giapponese. Notiamo con interesse che Bing battezzò la rivista “Giappone Artistico”, e non “Arte Giapponese”: egli intendeva evidenziare i valori estetici che permeavano la vita giapponese, e ci riuscì completamente.

L’epoca del declino

L’influenza del giapponismo sull’arte e sul design europeo è evidente nei lavori dei membri del gruppo di avanguardia post-impressionista Les Nabis: dipinti, stampe e poste, Art Noveau, ceramiche e architettura. Evidenziamo questa influenza nei motivi floreali, e nei disegni di insetti, impiegati dall’artista del vetro Emile Gallè di Nancy nelle sue creazioni in stile Art Nouveau; inoltre incontriamo carpe e germogli, alla Hokusai, in elaborati recipienti di vetro nello studio parigini dell’artista Francois Eugene Rousseau.
E’ interessante notare che la principale evocazione americana del Art Nouveau era nelle lampade Tiffany di Louis Comfort Tiffany, il figlio del fondatore della Tiffany and Company, Charles Lewis Tiffany (1812-1902). La filiale parigina della Tiffany and Company, aperta nel 1850, aveva cominciato a vendere, negli anni ‘60 del XIX secolo, oggetti con motivi giappones. Draghi, fiori e altri soggetti, dipinti alla maniera giapponese, apparvero in prodotti Tiffany come tazze per il caffè, teiere e ciotole per il latte e lo zucchero.
Il giapponismo si diffuse oltre l’Europa occidentale e influenzò le arti e i mestieri in Europa orientale, in Nord America, in Australia e in Nuova Zelanda. Il grande entusiasmo per l’estetica giapponese, comunque scemò negli anni ‘30 del XX secolo; come il Giappone intraprese la sua avventura militarista, la gente cominciò ad associare il Giappone più con la sua aggressività che con la sua abilità artistica: il fiore del giapponismo era sfiorito.

Traduzione di: Cristiano Suriani

Articolo originario : When Japonism Bewitched Europe di Watanabe Hirotaka su Nippon.com

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