Yuki onna

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Yuki OnnaYuki onna, o “donna delle nevi”, è una spettrale creatura del folklore giapponese. Assume le fattezze di una bellissima donna che, solitamente, compare, durante le tormente di neve, ai viandanti che hanno la sventura di trovarsi nei boschi. La sua pelle è pallida – talvolta trasparente – con lunghi capelli neri. A seconda delle leggende, veste un kimono bianco o, addirittura, è nuda. Come molti esseri spettrali (yurei), della mitologia giapponese, non ha i piedi; ed è per questo che non lascia orme sulla neve. La pelle bianca, il kimono dello stesso colore, fanno si che sia difficile notarla sullo sfondo nevoso: si notano solo i lunghi capelli neri e i bellissimi occhi che, però, incutono terrore in chi li osserva.

Le leggende su Yuki onna sono molte e non tutte concordano sul modo di agire della Signora delle Nevi. A seconda della versione, è più o meno violenta: uccide i viandanti che, nei boschi, vengono sorpresi da una tempesta di neve, ma è anche capace di risparmiare un giovane perché colpito dalla sua bellezza. Alcune leggende ce la mostrano con tratti vampireschi, nell’atto di succhiare il sangue dalle vittime. Tutte le leggende, però, concordano sulla grande bellezza di Yuki onna, una bellezza capace di fare sognare gli uomini, ma anche portatrice di morte.

Lafcadio HearnLafcadio Hearn, conosciuto anche con il nome di Yakumo Koizumi, nacque in una isola greca (Leucade) da madre greca e padre irlandese. Scrittore e giornalista, dopo essere emigrato negli Stati Uniti, dove vi rimase per molti anni, nel 1889 partì per il Giappone con l’incarico di giornalista corrispondente. Presto capì che il Giappone sarebbe stata la sua nuova patria; finito il lavoro di corrispondente, trovò impiego come insegnante di letteratura inglese, presso varie scuole ed università; sposò una donna giapponese, Setsu Koizumi, e assunse il nome di Yakumo Koizumi. Morì, d’infarto, nel 1904 ad appena 54 anni.
Il suo amore per il Giappone, Lafcadio Hearn, lo espresse anche nella ricerca e nello studio delle leggende e nelle storie di fantasmi che lui raccolse in un suo famoso libro: “Kwaidan: Stories and Studies of Strange Things”. In questo libro, fra i vari racconti, è riportata la versione forse più conosciuta della leggenda di Yuki onna. Una versione che qui riportiamo integralmente.

La leggenda di Yuki Onna

In un villaggio della provincia di Musashi, vivevano due taglialegna: Mosaku e Minokichi. Al tempo di cui si sta parlando, Mosaku era un uomo molto vecchio e Minokichi, il suo apprendista, di anni ne aveva diciotto. Ogni giorno si recavano nella foresta situata circa cinque miglia dal loro villaggio. Sulla strada per quella foresta, c’era un largo fiume da attraversare, e c’era anche un traghetto. Una volta, al posto del traghetto, era stato più volte costruito un ponte, ma ad ogni innondazione il ponte era crollato. Nessun ponte può resistere alla corrente, quando le acque del fiume salgono.

Mosaku e Minokichi erano sulla via di casa, in una sera molto fredda, quando una grande bufera di neve li colse di sorpresa. Raggiunsero il traghetto, ma scoprirono che il barcaiolo se n’era andato via, lasciando la barca sulla riva opposta. Ormai era troppo tardi per tentare la traversata a nuoto e, così, i due taglialegna, pensando alla fortuna di averr trovato un riparo, si sistemarono nella baracca, vuota, del traghettatore. Nella capanna non c’era il braciere, né un posto dove poter accendere un fuoco; era composta solo da una piccola stanza con una singola porta e nessuna finestra. Mosaku e Minokichi sprangarono la porto e si sdraiarono per terra, coperti dai loro ruvidi impermeabili. All’inizio non sentirono molto freddo, e pensarono che presto la tormenta sarebbe cessata.

L’uomo anziano, quasi immediatamente, si addormentò; il ragazzo, Minokichi, rimase sveglio a lungo ascoltando l’orribile fischiare del vento e le continue frustate della neve sulla porta. Il fiume rumoreggiava; la casetta ondeggiava e cigolava come un rottame sul mare. Era una tormenta terribile e l’aria, ad ogni momento, diventava sempre più fredda. Minokichi rabbrividì sotto il suo impermeabile. Alla fine, nonostante il freddo, anche lui si addormentò.

Yuki OnnaIl giovane fu svegliato dalla neve che gli arrivava sulla faccia. La porta della capanna era stata forzata ed era spalancata; vide una donna nella stanza: era completamente bianca. Era piegata su Mosaku e indirizzava su di lui il suo alito. Il respiro della donna era come un luminoso fumo bianco. Quasi nello stesso momento si volse verso Minokichi, chinandosi verso di lui. Il ragazzo cercò di urlare, ma non riuscì ad emettere nessun suono. La donna bianca si chinò verso di lui, sempre più giù, fino al punto che le due facce quasi si toccarono; Minokichi notò allora la sua grande bellezza, nonostante gli occhi che incutevano paura. Per un breve momento lei continuò a fissarlo, poi, sorrise e bisbigliò: “Pensavo di riservarti lo stesso trattamento dell’altro uomo, ma non posso evitare di avere pietà pet te: sei così giovane e sei un bel ragazzo, Minokichi, non voglio farti niente, adesso. Ma se tu dirai a qualcuno – fosse anche la tua stessa madre – di quello che è successo questa notte, io lo saprò e ti ucciderò. Ricorda quello che ho detto !”

Con queste parole, si girò e uscì dalla porta. Il ragazzo, che poteva di nuovo muoversi, si alzò e corse a vedere fuori, ma la donna era ormai sparita: vide solo la neve che, furiosamente, entrava nella capanna. Minokichi chiuse la porta e la sprangò come meglio potè. Si meravigliò che il vento fosse riuscito ad aprire la porta; forse era stato tutto un sogno e potrebbe aver scambiato il turbinio della neve con le fattezze di una donna vestita di bianco; ma non era sicuro. Chiamò Mosaku, e si spaventò perché il vecchio non rispondeva. Mise allora la sua mano sulla faccia dell’anziano taglialegna: era ghiacciata ! Mosaku era morto.

All’alba la tempesta era finita; il barcaiolo tornò alla sua stazione e trovò Minokichi disteso e privo di sensi oltre il corpo ghiacciato di Mosaku Ricevute le dovute cure, Minokichi si riprese, ma rimase a lungo tempo indebolito per gli effetti del freddo di quella terribile notte. Era rimasto terrorizzato dalla morte del vecchio taglialegna; ma non disse niente della visione della donna in bianco. Non appena si fu completamente ristabilito, ritornò al suo lavoro; andava, ogni mattina, da solo, nella foresta e tornava, all’imbrunire, con la legna che sua madre l’avrebbe aiutato a vendere.

Una sera, nell’inverno dell’anno seguente, mentre era sulla strada del ritorno, incontrò una ragazza che stava viaggiando sulla stessa strada. Era alta, snella, molto carina e rispose al saluto di Minokichi con una voce così piacevole all’orecchio da sembrare il canto di un usignolo. Iniziarono a parlare. La ragazza disse di chiamarsi O-Yuki, che ultimamente aveva perso i suoi genitori e che si stava recando a Yedo dove sperava che alcuni lontani parenti avrebbero potuto aiutarla a trovare un lavoro. Minokichi, presto, rimase affascinato da quella strana ragazza: più la guardava e più diventava bella. Le chiese se era fidanzata, ma lei, sorridendo, disse di essere libera. Poi, a sua volta, la ragazza gli chiese se fosse sposato o promesso in matrimonio; rispose che, nonostante abbia solo una madre vedova da mantenere, la questione di una “onorevole nuora” non era mai stata presa in considerazione: lui era ancora troppo giovane. Dopo queste confidenze, camminarono per molto tempo senza parlarsi; ma, come dice il proverbio “Quando c’è la passione, gli occhi dicono molto di più della bocca”. Tempo di arrivare al villaggio che entrambi trovarono molto piacevole la presenza l’uno dell’altra, e viceversa. Minokichi chiese a O-Yuki se voleva riposarsi presso la sua casa; lei, dopo qualche esitazione, accettò ed entrambi entrarono nella casa del giovane taglialegna dove li attendeva la madre che preparò un pasto caldo per la ragazza. O-Yuki si comportò così deliziosamente che la madre, che aveva già delle sue fantasie su di lei, le chiese di ritardare il suo viaggio per Yedo. La fine naturale della storia fu che O-Yuki non arrivò mai a Yedo; rimase nella casa come “onorevole nuora”.

O-Yuki si rivelò essere un’ottima nuora. Quando la madre di Minokichi morì – cinque anni dopo -, le sue ultime parole furono parole di affetto ed apprezzamento per la moglie di suo figlio. O-Yuki diede a Minokichi dieci figli, maschi e femmine, tutti belli e con la pelle chiara.

La gente del villaggio pensava che O-Yuki fosse una persona meravigliosa, per natura differente da loro stessi. La maggior parte delle donne invecchiava presto, ma O-Yuki, anche dopo aver avuto dieci figli, sembrava giovane e fresca come il giorno quando arrivò al villaggio.

Una notte, dopo che i bambini erano andati a dormire, O-Yuki stava cucendo, alla luce della lampada, quando Minokichi, guardandola, disse: “Vederti cucire, con la quella luce sul volto, mi fa tornare in mente una strana cosa che mi è successa quando ero un ragazzo di diciotto anni. Vidi qualcuno così bella e bianca come sei tu ora; in effetti lei era molto simile a te”.

Senza alzare gli occhi dal suo lavoro, O-Yuki rispose: “Raccontami di lei….Dove l’hai vista ?”

Allora Minokichi le raccontò della terribile notte nella capanna del traghettatore, della Donna Bianca che si era chinata su di lui, sorridendo e bisbigliando, della silenziosa morte del vecchio Mosaku. Poi aggiunse: “Sveglio o addormentato, quella è stata l’unica volta che ho visto un essere bello come te. Naturalmente non era un essere umano ed ero impaurito da lei, molto impaurito, ma lei era così bianca ! In effetti non sono mai stato sicuro che quello che vidi fosse solo un sogno o la Dama della Neve”.

O-Yuki gettò il suo lavoro, si alzò, si rivolse verso Minokichi e gli urlò in faccia:
“Ero io !!! Era Yuki ! Ti avevo detto che ti avrei ucciso se avessi detto a qualcuno di quell’episodio ! Se non fosse per quei bambini che stanno dormendo, ti ucciderei in questo momento ! E ora faresti meglio a prenderti cura di loro; se per qualche ragione essi si lamenteranno, ti riserverò il trattamento che meriti !!”.

Dopo che ebbe urlato, la sua voce divenne esile, come il sibilo del vento. Poi lei si sciolse in una nebbia bianca, si innalzò verso il tetto e, tremolando, scomparve attraverso il camino.
Nessuno la rivide più.

Autore : Cristiano Suriani

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