La mitica nascita del Giappone

Condividi
Izanagi e Izanami
(Nishikawa Sukenobu, Public domain, attraverso Wikimedia Commons)

Il primo imperatore del Giappone fu Jimmu che, secondo la tradizione, regnò dal 711 a.C. al 585 a.C., per ben 126 anni. Non c’è possibilità di verificare l’attendibilità delle date che sono tutte calcolate, approssimativamente, sui dati tramandatici dalla mitologia shintoista. Jimmu, come tutti gli eventi di quel periodo, è un personaggio avvolto nella leggenda. Per gettare uno sguardo sul periodo del Giappone arcaico, dove la scienza fatica a dare risposte certe, si fa affidamento a due testi antichi: il Kojiki e il Nihon shoki, compilati entrambi durante l’VIII secolo d.C. Se, tra i due, il Nihon shoki è considerato, dagli storici, il più attendibile, è il Kojiki che ci racconta le vicende della mitologia nipponica dalla Creazione del Paese fino al regno dell’Imperatrice Suiko (592 – 628). Il mito più importante è, sicuramente, quello che racconta della creazione del Giappone e della nascita delle divinità del pantheon shintoista.

Il mito della Creazione

All’inizio di tutto c’erano tre kami (divinità) invisibili: Amanominakanushi Il Signore del Paradiso, Takamimusubi e Kamimusubi. Dopo di loro si aggiunsero due altre divinità minori: Umashiashikabihikoji e Amanotokotachi. Questi cinque kami erano chiamati le “Separate Divinità Celesti”. A loro seguirono sette generazioni di Kami maschili e femminili.
A quel tempo la terra era ricoperta da un brodo primordiale. Gli dei scelsero i due kami più giovani, Izanagi e Izanami, fratello e sorella, per creare quello che poi sarebbe diventato il Giappone e, a questo scopo, donarono loro una lancia ingioiellata. Dal ponte celeste, che collegava la Terra al Paradiso, Izanagi, la divinità maschile, agitò il fango primordiale con la lancia da cui, una volta ritratta, caddero delle gocce di acqua salata. Da quelle gocce nacque l’isola di Onogoro.

Izanami e Izanagi
(Public domain, attraverso Wikimedia Commons)

Le due divinità vi si trasferirono e trovarono un palazzo e una colonna.
Prima di giacere nel letto e cominciare a procreare, decisero di girare attorno al pilastro, prendendo strade opposte. Izanami finito il suo giro, esclamò “Che bel ragazzo !”, Izanagi, successivamente, disse “Che bella ragazza”. Consumarono il matrimonio, ma nacquero due esseri deformi che vennero abbandonati su una barca di vimini e lasciati alla corrente. Izanagi e Izanami interrogarono allora le Divinità Celesti che, dopo essersi consultate, stabilirono che il rito, eseguito dalla due divinità, era sbagliato: la donna non doveva parlare per prima. Izanagi e Izanami tornarono su Onogoro e ripeterono il rito, questa volta rispettando la sequenza. Dalla successiva unione delle due divinità nacquero otto isole: Awaji, Shikoku, Oki, Kyushu, Iki, Tsushima, Sado e Hosnhu. (da notare che non ci sono Hokkaido ed Okinawa che entreranno a far parte del Giappone molto più avanti).

Successivamente ebbero altri figli, ma durante il parto del dio del fuoco Kagutsuchi, a causa delle bruciature riportate, Izanami morì e venne sepolta presso il Monte Hiba. Izanagi, folle di rabbia, uccise Kagutsuchi e questo episodio portò alla nascita di dozzine di altre divinità e altre nacquero dalle lacrime di Izanagi stesso il quale decise di intraprendere un viaggio nel regno dell’Oltretomba, Yomi-tsu kuni, per cercare di portare indietro l’amata sposa e sorella. A Yomi regnava l’oscurità, ma riuscì a trovare Izanami e, dopo tante insistenze, a convincerla a tornare nel mondo dei vivi. Izanami acconsentì con la promessa che Izanagi non si voltasse per vedere il volto della moglie; ma il dio, vinto dalla curiosità, si voltò e accese una torcia. Vide il corpo della moglie ormai in putrefazione e coperto di vermi: non esisteva più niente della bellezza di un tempo. In preda al terrore Izanagi fuggì inseguito da demoni che Izanami gli lanciò dietro con il compito di riportarlo da lei. Alla fine Izanagi uscì da Yomi e bloccò l’imboccatura della caverna con una grossa pietra. Dall’interno la dea, piena di rabbia, gridò che avrebbe ucciso 1000 persone per ogni giorno senza il marito; Izanagi ribattè che per ogni giorno di lontananza avrebbe fatto nascere 1500 uomini. Fu così che nacque la Morte fra gli uomini. Izanami divenne il kami del mondo dei morti.

Una volta scampato il pericolo, Izanagi sentì il bisogno di purificarsi e di ripulirsi da tutto il sudiciume incontrato a Yomi: si immerse nel fiume e cominciò a lavarsi. Ad ogni suo gesto, ad ogni veste che si toglieva, nascevano nuovi kami, ma tre di loro erano i più importanti, destinati a diventare i protagonisti di molte successive storie della mitologia nipponica: Amaterasu, che nacque dall’occhio sinistro di Izanagi, Tsuku-yomi, dall’occhio destro, e Susanoo che usci dal naso. Izanagi decise di dividere il mondo tra questi tre fratelli: Amaterasu divenne la dea del Sole e dei Cieli, Tsuku-yumi divenne il dio della Luna e della notte e al fratello Susanoo spettò il regno del mare e delle tempeste.
Amaterasu, in particolare, è oggi la divinità principale dello shintoismo: da lei discenderebbero tutti gli imperatori. Il nipote di Amaterasu, Ninigi-no-Mikoto, venne mandato in Giappone a pacificare il Paese e gli vennero dati tre oggetti: una spada, un gioiello ed uno specchio. Questi tre oggetti sono i simboli della casa imperiale giapponese. Il pronipote di Ninigi-no-Mikoto, fu il primo Imperatore del Giappone: Jimmu.

Il mito della Creazione venne poi rispolverato, a fini nazionalistici, dal periodo Meiji (1868 – 1912) quando lo shintoismo divenne religione di Stato; aveva anche come scopo la legittimazione del potere imperiale. L’imperatore, quindi, in quanto discendente diretto della dea Amaterasu, era considerato una figura divina, intoccabile ed infallibile; prerogativa divina che rimase fino all’Imperatore Showa (Hirohito) che, a seguito della sconfitta nella seconda guerra mondiale, rinunciò alla divinizzazione della sua persona.

Un elemento che però è ancora rimasto è il passaggio, ad ogni nuovo sovrano, dei tre oggetti che, come detto poc’anzi, vennero, in origine, consegnati da Amaterasu a suo nipote Ninigi-no-Mikoto. Questi tre oggetti esistono ancora oggi o, meglio, esisterebbero ancora, secondo la tradizione shintoista. I tre tesori sono gelosamente custoditi in altrettanti santuari shintoisti; assolutamente nessuno può essere ammesso alla visione di questi oggetti, neanche la scienza e tanto meno i media.
La spada, il gioiello e lo specchio, contenuti in tre involucri, ad ogni cerimonia di investitura, vengono consegnati al nuovo sovrano. Fintantochè il sovrano aveva il suo alone divino, i tre tesori rappresentavano la fonte da cui scaturiva il potere imperiale; adesso sono più che altro oggetti simbolici anche se continuano ad essere venerati e custoditi gelosamente nei recessi più reconditi dei santuari che li ospitano.

Questo il racconto del mito della Creazione del Giappone come è riportato nel Kojiki.
E’ una versione che, chiaramente, fa a pugni con quello che dice la scienza ufficiale. Anche la storia primordiale del Giappone è estremamente interessante e affascinante. Naturalmente è una storia che non si basa solo su un testo, come il Kojiki, ma si è andata formando a seguito di scavi, studi, indagini genetiche.

Autore: Cristiano Suriani