Kabuki: le origini

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Il Kabuki nell’arte
(Hirose Kinzo (Ekin) (1812-1876), Public domain, attraverso Wikimedia Commons)

Uno dei pilastri della cultura giapponese è senza dubbio il teatro Kabuki. Tra la varie forme di teatro, presenti in Giappone, è sicuramente quello più conosciuto, anche a livello internazionale. E’ un teatro popolare che, sin dalla nascita, agli albori del XVII secolo, rastrellò vasti consensi tra le fasce medie e basse della popolazione. In un periodo segnato dall’inizio dell’era Tokugawa, il teatro Kabuki era una delle pochissime distrazioni che il popolino poteva concedersi e che era autorizzato dal governo; ma il rapporto tra il potere e questo tipo di teatro fu burrascoso e lo fu per tutto il periodo di Edo. Nonostante il Kabuki fosse tollerato dai Tokugawa, una forte censura gravò sui testi rappresentati: non erano ammessi nè brani anti-governativi e nè rappresentazioni di eventi contemporanei. Il teatro Kabuki fece quindi largamente ricorso ad opere con soggetto storico e, come spesso accade in questi casi, si usò rappresentare avvenimenti del passato per lanciare critiche al governo e alla società del tempo.
Una delle particolarità di questo tipo di teatro, nella versione finale, è che tutti gli interpreti sono uomini: non esistono attrici, almeno nel Kabuki tradizionale. Curiosamente, però, una donna è considerata la fondatrice del Kabuki: Izumo no Okuni.

Izuno no OkuniOkuni era, secondo la tradizione, una sciamana, o sacerdotessa, del Grande Santuario di Izumo, uno dei più antichi e prestigiosi santuari della religione shintoista. Vista la sua abilità nella danza e nel canto, venne mandata a Kyoto dove avrebbe dovuto danzare, cantare e recitare, in pubblico, al fine di ottenere delle donazioni per il santuario. Era il 1603, data che tradizionalmente indica la nascita del teatro Kabuki. Sul letto del fiume Kamo a Kyoto gli spettacoli di Okuni richiamarono subito una gran folla: eseguiva danze popolari, derivati da antichi canti religiosi, con frequenti allusioni sessuali e intramezzati da scenette comiche. Il successo fu immediato. Okuni, al termine del suo periodo di missione a Kyoto, decise di non tornare al santuario di Izumo; continuò a spedire i soldi ricevuti con le donazioni, ma decise di intraprendere un altro tipo di vita. Attorno a se radunò un gruppo di ragazze, tutte appartenenti ai livelli bassi della società, e molte di loro erano prostitute; insegnò loro il canto, la danza e l’arte della recitazione, e il successo non tardò ad arrivare. Si dice che Okuni vestisse in modo stravagante: come un uomo o con vesti occidentali, con tanto di crocefisso, a guisa dei primi missionari portoghesi arrivati in Giappone. Questa eccentricità nel modo di vestire, unita alla particolarità delle tematiche trattate negli spettacoli, valsero, a questo tipo di rappresentazione, il nome di “Kabuki”. Kabuki significa, appunto, “stravagante”, “eccentrico”, “al di fuori degli schemi”. Okuni, nel suo vestirsi, sembra che prendesse ispirazione dai Kabukimono, bande di ronin che, vestiti con colori sgargianti, con pettinature eccentriche e che spesso indossavano kimono femminili, imperversarono nel Giappone del XVI secolo. Gli spettacoli di Onna-Kabuki, come era detto il Kabuki femminile, attirarono un gran numero di spettatori, soprattutto uomini attirati dalle spesso frequenti allusioni sessuali dei testi e dalla presenza delle prostitute che, pur essendo ora attrici, cantanti o danzatrici, non avevano abbandonato il loro precedente mestiere. Anche il governo si interessò a questo tipo di spettacolo, ma il suo interesse portò presto alla proibizione dell’Onna-Kabuki; gli affollati spettacoli portavano a consequenziali seri problemi di ordine pubblico ed inoltre i testi vennero considerati immorali.
In breve alle donne venne proibito di salire su un palco.

Teatro KabukiA seguito del successo di questo genere di spettacolo, sorsero altri gruppi per la gioia dei sempre più numerosi appassionati del Kabuki. Estromesse le compagnie femminili, a raccogliere l’eredità rimasero i gruppi formati da ragazzi molto giovani, che diedero vita al Wakashu-Kabuki. Questi ragazzi, per la loro bellezza ancora acerba e per il tono della voce ancora priva di quella mascolinità della maturità, erano i più adatti a sostituire, anche nel cuore del popolino, le prostitute dell’Onna-Kabuki. Essendo composto solo da maschi, alcuni si specializzarono nell’interpretazione dei ruoli femminili. Nacque così la figura dell’Onnagata che è presente ancora oggi. La vita del Wakashu-Kabuki fu piuttosto breve, come del resto fu per la versione femminile. L’erotismo presente nei testi, i tratti femminei di molti di questi ragazzini e le frequenti risse tra gli spettatori portarono le autorità a bandire anche questo genere di spettacolo. L’accusa era sempre la stessa: immoralità, problemi di ordine pubblico. Naturalmente non erano estranee le voci di omosessualità e di prostituzione che aleggiavano su questi spettacoli.
A metà del XVII secolo, dopo appena mezzo secolo, le prime due forme di Kabuki furono messe al bando dal governo Tokugawa. Ma quest’arte sopravvisse e si evolse nella versione finale che poi, con alterne fortune, è giunto fino ai nostri giorni: il Yaro-Kabuki rappresentato sempre da gruppi completamente maschili, ma con attori anagraficamente più maturi.

Seconda parte ==> Il teatro Kabuki: dal periodo Edo ai nostri giorni

Autore : Cristiano Suriani

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