Il caso Glico-Morinaga

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GlicoIl Giappone non è certo noto per la violenza della sua società; nonostante la presenza di uno dei più potenti gruppi malavitosi, la Yakuza, gli eventi criminali, almeno quelli di sangue, sono molto pochi, se confrontati con quelli dei paesi occidentali. Gli stessi giapponesi pensavano di vivere in un’isola felice, in una società dove gli eventi criminosi erano molto rari se non, addirittura, assenti.
Fu uno shock quando, nel 1984, scoppiò quello che venne poi chiamato il “Caso Glico-Morinaga”; un caso che tenne con il fiato sospeso l’opinione pubblica e la polizia per 17 mesi, e che tuttora è irrisolto.

Il tutto cominciò alle 21 del 18 maggio 1984 quando due uomini mascherati, armati con pistola e fucile, fecero irruzione nella casa di una distinta signora anziana; la legarono e si fecero consegnare le chiavi della vicina casa del figlio, il loro vero obbiettivo.
Una volta entrati nell’abitazione di Ezaki Katsuhisa, i due malviventi, dopo aver legato moglie e figlia, andarono alla ricerca del marito che trovarono nascosto in bagno con gli altri due figli. Contrariamente alle aspettative dei membri della famiglia, i due uomini mascherati non rubarono nulla, ma rapirono Katsuhisa e lo portarono nel loro nascondiglio situato ad Ibaraki, nella prefettura di Osaka.
Ezaki Katsuhisa era il presidente della Ezaki Glico Co., Ltd., una delle più famose aziende operanti nel settore dolciario-alimentare; tra l’altro produce i famosi Pocky: bastoncini ricoperti di cioccolato.
Il giorno seguente, il direttore della filiale di Takatsuki, ricevette una telefonata con la richiesta di riscatto: 1 miliardo di yen e 100 chili in lingotti d’oro. Il 21 maggio, dopo appena tre giorni dal rapimento, Katsuhisa riuscì a fuggire dalla sua prigione di Ibaraki.

Di solito i rapimenti, per fortuna, finiscono con la liberazione dell’ostaggio, il recupero del riscatto, quando già in mano ai rapitori, e la cattura dei malviventi. Questa volta le cose andarono diversamente: il riscatto non venne pagato, ma i criminali non vennero catturati e, anzi, non si diedero per vinti. Cambiarono strategia e, dai rapimenti, passarono alle lettere minatorie in cui si firmavano con lo pseudonimo di “Il Mostro dalle 21 Facce”, dal nome di uno dei criminali presenti nei racconti polizieschi del famoso scrittore Edogawa Rampo.
Intanto molte domande cominciavano a colpire l’immaginario collettivo: chi si celava dietro quel pseudonimo ? Qual’era il suo movente ? Solo una banale richiesta di soldi o c’era dell’altro ?

L'uomo con gli occhi da volpeIl 10 aprile 1984, un mese prima del rapimento, nel parcheggio della sede centrale della Ezaki Glico, alcune automobili vennero date alle fiamme. Il 16, dello stesso mese, ad Ibaraki venne trovata una lettera minatoria ed una scatola di plastica contenente acido cloridrico. Il 10 maggio arrivò, alla Glico, la prima lettera a firma “Il Mostro dalle 21 Facce”; nella missiva veniva reso noto che in alcune caramelle, già in attesa di essere vendute, era stato iniettato del cianuro di potassio. Questo costrinse la società a ritirare tutte le caramelle dagli scaffali dei supermercati; il costo per la Glico fu ingente: oltre 21 milioni di dollari e 450 lavoratori part-time licenziati.
A seguito di una ennesima minaccia, mettere in commercio prodotti alterati, ci fu un evento che poteva rivelarsi il classico passo falso: una telecamera di sicurezza immortalò una persona sospetta nell’atto di porre sui ripiani una scatola di cioccolatini. La foto venne resa pubblica, ma con scarso successo.
Nei giorni successivi le lettere continuarono; le missive, indirizzate ai media, ridicolizzavano gli inutili sforzi della polizia di arrivare ad una soluzione. Era ormai una sfida tra la polizia e il “Mostro dalle 21 Facce”; nelle lettere venivano fornite alla polizia alcuni indizi che però non portarono a nessuna svolta nelle indagini.

Il 26 giugno con un “Noi perdoniamo la Glico”, scritto in una delle lettere, terminò la campagna contro la società dolciaria; ma la storia non finì: cambiò solo l’obiettivo. Destinatari delle nuove lettere minatorie furono la “Morinaga & Company”, altra società dolciaria, la “Marudai Ham” e la “House Foods Corporation”.

Con la Marudai, i criminali raggiunsero un accordo: sarebbero cessate le minacce, in cambio di 50 milioni di yen. Il 28 giugno era il giorno convenuto per il pagamento del riscatto. Un poliziotto, fintosi un impiegato della Marudai, avrebbe dovuto lanciare, da un treno locale diretto a Kyoto e al comparire di una bandiera bianca, la borsa con i soldi. Il finto impiegato notò un uomo di corporatura robusta, con occhiali da sole, capelli corti ben curati e occhi “come quelli di una volpe” che lo fissava con insistenza. La bandiera bianca non comparve e la consegna dei soldi fallì; ma la polizia, adesso, aveva un possibile sospettato: l’”Uomo dagli Occhi di Volpe”, come venne chiamato. Fallita la consegna, i due scesero alla stazione di Kyoto, sempre con l’”°Uomo dagli Occhi di Volpe” che fissava il finto impiegato. Entrambi presero lo stesso treno per Osaka, ma in carrozze diverse. Successivamente l’uomo sospetto venne pedinato da un altro poliziotto, ma di lui si persero poi le tracce,

Il 14 novembre la polizia ebbe una seconda opportunità. Il “Mostro dalle 21 Facce” raggiunse un accordo con la House Food Corporation per 100 milioni di yen. Un furgone avrebbe dovuto portare i soldi al luogo di incontro e depositarli in un bidone coperto da un telo bianca. La polizia, che seguiva il furgone, notò, in un’area di sosta, sulla Meishin Expressway, l’”Uomo con gli Occhi di Volpe” che riuscì nuovamente a far perdere le sue tracce. Intanto il furgone arrivo al punto prestabilito, ma trovarono solo il telo bianco e nessun bidone. Temendo una trappola, la polizia venne ritirata.
Nello stesso posto, un’ora prima, ignorando che fosse il punto stabilito per il pagamento del riscatto, un’auto della polizia, della prefettura di Shiga, notò un furgone sospetto. A bordo c’era un individuo con un cappello da golf a coprirgli gli occhi e un ricevitore con auricolare. Vistosi scoperto, il furgone partì con la polizia all’inseguimento. Dopo poco il furgone fece perdere le sue tracce.
Successivamente il furgone venne ritrovato vicino alla stazione di Kusatsu (Shiga); all’interno venne trovata una radio sintonizzata opportunamente per ascoltare le comunicazioni della polizia. Il furgone risultò rubato.
Nel gennaio del 1985 la polizia rese pubblico l’identikit dell’”Uomo con gli Occhi di Volpe”. Il 7 agosto dello stesso anno, di fronte al ripetersi di lettere minatorie e agli ultimi insuccessi della polizia, il capo della polizia della provincia di Shiga, si uccise.

Questo drammatico episodio portò a risultati inattesi.
Il 12 agosto arrivò ai media l’ultima lettera del “Mostro dalle 21 Facce”. Nella missiva, dopo aver denigrato Yamamoto, il morto suicida, per il suo gesto, e la polizia stessa, veniva annunciata la fine di ogni attività di “bullismo” contro le società alimentari; fecero le loro condoglianze e dissero di essersi divertiti per aver condotto una vita criminale, ma, adesso, avevano altre cose da fare che taglieggiare società.
Da allora il “Mostro dalle 21 Facce” non si fece più sentire.

A seguito della pubblicazione dell’identikit, la polizia di Tokyo individuò un sospetto: Manabu Miyazaki. Nel 1976, secondo l’accusa, Miyazaki produsse una registrazione audio, in sostegno ad uno sciopero all’interno della Glico, che conterrebbe elementi in comune con la vicenda del “Mostro dalle 21 Facce”. Miyazaki era un tipo turbulento che, dal 1975 al 1976 effettuò vari atti con il fine di danneggiare la Glico; fu anche sospettato di aver architettato le dimissioni di un leader sindacale, per irregolarità contabili, ai tempi della fusione tra la “Glico Ham” e la “Glico Nutritional Foods”. Il suo coinvolgimento in attività contro la Glico, e la forte rassomiglianza con l’”Uomo con gli Occhi da Volpe”, portarono Miyazaki ad essere pesantemente sospettato.
Con grande sorpresa, Miyazaki venne però rilasciato: la polizia, dopo aver controllato il suo alibi, escluse un suo coinvolgimento nella vicenda del “Mostro dalle 21 Facce”. Da notare che Miyazaki Manabu era il figlio di un potente boss locale della Yakuza: fu grazie a questo che l’indagine venne subito bloccata ? Probabilmente non lo sapremo mai.

Successivamente vennero fatte molte indagini, ma senza arrivare mai al tribunale. Vennero costruite teorie che vedevano coinvolti prima la Yakuza, poi gruppi di estrema destra o di estrema sinistra. Nel 2000, addirittura, si pensò ad un coinvolgimento della Corea del Nord.
Tutto inutilmente.
Nel giugno del 1995, il rapimento di Ezaki Katsuhisa cadde in prescrizione e nel febbraio del 2000 fu prescritta anche l’accusa di tentato omicidio mediante avvelenamento alimentare.

In quanto a Miyazaki, dopo la sua uscita dalle indagini, divenne commentatore e scrisse un libro sulla sua esperienza: “Toppamono

Autore : Cristiano Suriani

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